Guardare gli alberi del bosco (da dentro il bosco) non ti fa vedere la foresta (come un insieme)”
Guardare gli alberi del bosco (da dentro il bosco) non ti fa vedere la foresta (come un insieme)”
così come cercare di riconoscere la strada riconoscendo lì un bar e là una cappelletta è cosa diversa dal farsi guidare da un gps che ti mostra dove sei su una mappa vista dall’alto, in uno scenario d’insieme. E’ evidente che se conosco bene il bosco o la strada e sono abituato a muovermi in essi come in un contesto familiare non mi viene in mente di vederli come foresta che fa parte di un territorio più ampio e variegato o come un possibile percorso tra altri per muovermi in una rete stradale assai più ampia e ricca di alternative. Ecco qua: farsi prendere dalla parte e scordarsi del “tutto” di cui questa fa parte dipende anche, e in modo pesante, dalla familiarità che crea sicurezza e abitudine e quindi automatismi.
Ma che c’entra questa sapienza popolare con il tema della organizzazione?
Ma che c’entra questa sapienza popolare con il tema della organizzazione?

Beh, serve a ricordarci che forse quando parliamo di organizzazione entriamo subito nella foresta e cominciamo immediatamente a parlare dei singoli alberi totalmente dimentichi dell’insieme di cui sono solo una parte. E allora, che cosa non va in questo? Nulla, se la foresta è il nostro habitat naturale e noi ci troviamo bene lì come un gufo o una civetta o uno scoiattolo nati e cresciuti e bene adattati in quella nicchia ecologica. Se tutto rimane in equilibrio soddisfacente possiamo vivere sereni e affidarci alle abitudini consolidate che hanno avuto successo da anni e anni. Ma se la configurazione orografica del territorio in cui stanno gli alberi tra cui vivo felicemente è tale che con il tempo gli equilibri ecologici stanno alterandosi facendo prevedere una inondazione che spazzerà via gli alberi o un incendio che li incenerirà o una specie nuova arrivata nel territorio è fortemente predatrice e prevaricatrice, allora aver mantenuto lo sguardo “basso” si rivela una scelta tragica, almeno per la maggioranza dei suoi felici abitanti. Del resto la specie homo, una specie in origine e per migliaia di anni debole e scarsamente attrezzata, è riuscita a sopravvivere ed infine ad avere successo (anche se non siamo la specie “dominante” tanto quanto ci piace credere) è anche perché ha imparato a sviluppare uno sguardo più ampio che consente di considerare possibilità e predisporre alternative di fuga. La madre di quella intelligenza di cui andiamo così orgogliosi è anche la paura, la debolezza, l’impotenza.
Dove vogliamo arrivare con questi bla-bla?
Dove vogliamo arrivare con questi bla-bla?

Semplicemente a farci venire il sospetto che sia arrivato il tempo di cambiare prospettiva rispetto alla organizzazione, perché continuare a discettare sulla verticalità o orizzontalità dei processi, su sistemi di incentivi, su soft e hard skills, su leadership più o meno carismatiche, sugli stakeholder e sui sistemi di magazzino è di certo indispensabile ma solo una volta che siamo ben certi che la foresta in cui stiamo è stabile e duratura. Insomma solo se non sentiamo il bisogno di revisionare il paradigma di organizzazione che abbiamo in mente, tanto da non accorgerci neppure che non è una “realtà indiscutibile e normale” ma una recente scelta storica di grande successo ma che oggi è pericoloso non ri-pensare. Non nei suoi singoli alberi, ma nella sua ecologia di foresta, nelle sue premesse ideologiche: in ciò che diamo per scontato e normale tanto da non riuscire neppure a sospettare che possano esistere alternative di cui oggi nasce la necessità.
Per approfondimenti visita execohr.it/human-side-metrics