E’ la società moderna occidentale, ovviamente.
E’ la società moderna occidentale, ovviamente.
Che nasce dal liberalismo, dalla democrazia competitiva, dal libero mercato e dal darwinismo sociale (affermazione dei più meritevoli). Che ha saputo tradurre la scienza in tecnica applicata, creare un benessere diffuso, fondere l’egoismo con il bene comune, l’individualismo con una società ipercomplessa. Una scelta piena di utopia e immaginazione a cui dobbiamo (almeno noi dell’occidente affluente) gratitudine per l’enorme incremento di educazione e cultura, salute, benessere materiale, empowerment, libertà di parola che ci ha consegnato.
Così come dobbiamo riconoscere che quella idea di organizzazione legata alla visione moderna e strumento della sua potenza concreta trova la sua massima espressione nella fabbrica prima, nella impresa poi, nella azienda oggi. Perché la organizzazione del lavoro di persone e utensili (dal martello al robot interattivo) ha saputo piegare all’ordine una realtà preesistente da secoli “disordinata” (secondo i criteri moderni): portando contadini e artigiani e bottegai a diventare dipendenti o imprenditori, anteponendo la crescita economica e di prestigio alla famiglia, alle radici, alle tradizioni. Conferendo al lavoro il ruolo di “primo organizzatore” della nostra vita (organica, organizzata in senso originario), e alla sfera pubblica della prestazione competitiva la priorità sulla sfera privata degli affetti e delle relazioni e dei legami.
Bene: siamo grati dei molti frutti buoni che questa rottura radicale con il passato ci ha dato dall’800 a…ieri.
Bene: siamo grati dei molti frutti buoni che questa rottura radicale con il passato ci ha dato dall’800 a…ieri.
Perché sembra che questa scelta formidabile e utopica non sia oggi più in grado di includere molti dei bisogni e desideri che fanno parte della nostra natura (la nostra “organizzazione organica originaria”) e che sono stati potenziati dai megatrends della storia recente. E se le scelte della modernità devono evolvere, anche l’idea moderna di organizzazione deve mutare. Una situazione che le aziende hanno presentito e cui stanno cercando di rispondere in molti modi: si pensi solo alla importanza data da qualche tempo alle soft skills, all’engagement, all’empatia, e oggi alla resilienza e alla flessibilità.
L’impressione però è che si cerchi ancora – cosa del tutto comprensibile – di dare un po’ di fertilizzante ai singoli alberi più malandati, senza guardare all’intero bosco aziendale e alla diversa prospettiva con cui dovremmo imparare a guardarlo.
Di questo continueremo a parlare. Ma cominciamo a temere che non ci sia poi tutto questo tempo per cambiare mentalità e sguardo, e che la storia stia scalpitando per disarcionare i suoi cavalieri montati in sella nella convinzione che si trattasse della solita passeggiata rilassante.